CENTINARI: Allora torniamo a noi, e parliamo di Centinari, nuovo brand in cui proprio i giovani hanno avuto un ruolo fondamentale.
CESARE FERRARI: Io ho molta fiducia nei giovani, e mi fa piacere che abbiano un ruolo anche in questa iniziativa. Centinari è un progetto importante, che è stato studiato nei minimi dettagli. Ma ciò che secondo me lo distingue da qualsiasi altro è che in questo caso non si è voluto prevedere un rientro economico a breve. Una valutazione delicata e controcorrente, ma importantissima, perché si è scelto di conferire ai vari prodotti Franciacorta la possibilità di affinarsi ulteriormente in cantina, a contatto con i propri lieviti. Questo vuol dire che, andando anche oltre i termini dei disciplinari, si otterranno vini che potranno offrire la massima espressione qualitativa. Un Franciacorta non deve essere un vino da meditazione, ma quando lo si beve, bisogna gustarlo con attenzione, per saperne cogliere tutte le qualità intrinseche: profumi e sapori particolari, complessi, variegati e non unidirezionali. Un prodotto realizzato con il Metodo Classico Tradizionale deve ottenere risultati che diano soddisfazioni che vanno anche oltre la semplice degustazione.
CENTINARI: Come si determina quanto a lungo il prodotto deve rifermentare in bottiglia?
CESARE FERRARI: Tramite assaggi periodici, che ogni 6 mesi verificano come sta avanzando il processo, e prolungando il periodo in cantina fino a quando il prodotto non mostri di aver perfezionato al massimo le sue qualità.
CENTINARI: Quindi, oltre a territorio, clima e manualità dell’imprenditore, anche il tempo è un fattore importante.
CESARE FERRARI: Fondamentale, questa scelta di attesa senza preoccuparsi della commercializzazione è destinata e distinguere Centinari da tante altre aziende. Questo vorrà anche dire una produzione limitata, dedicata a intenditori.

CENTINARI: Un vero elogio della lentezza come valore, che Centinari interpreta e porterà avanti anche con Slow Ideas, percorso con cui la cantina dialogherà e offrirà contributi ai propri clienti ed estimatori Entrando nello specifico dei prodotti Centinari, in questa logica di attendere il “tempo giusto” si è data priorità a due vini, un Brut e un Dosage Zéro. Ce ne vuole parlare?
CESARE FERRARI: Come dicevamo, innanzitutto l’azienda ha scelto un particolare stile, classico, per la produzione di questi vini. Un percorso diverso rispetto alla norma, per ottenere prodotti di questa qualità. Non un vino da meditazione, ma cui prestare particolare attenzione quando lo si assaggia. Come diceva il Cardinale Richelieu, il vino va per prima cosa osservato: sin dal bicchiere, che deve essere quello adatto a ricevere le bollicine, per apprezzarne la spuma, che si libera abbondante per poi ritirarsi in modo uniforme, e il perlage già sottile e persistente. Passando poi ai profumi, non solo legati al frutto, ma con ulteriori evoluzioni che vanno ad esempio verso il miele, la camomilla, i fiori secchi: un ventaglio molto ampio in cui ognuno di noi può sentire quello che il suo olfatto è in grado di percepire. All’assaggio, consiglio di non deglutirlo immediatamente, perché trattenendolo in bocca qualche secondo esprime tutto quello che abbiamo colto nel primo momento, moltiplicandolo in un’esplosione di sentori.
CENTINARI: Quali momenti suggerisce allora per i vini Centinari?
CESARE FERRARI: A mio parere, il momento più adatto è quello dell’aperitivo, quando l’organismo e il palato non sono già sazi, e si può apprezzare la ricca complessità di questi prodotti. Ma sono indicatissimi anche pranzi e cene, soprattutto in compagnia e in occasioni speciali o di gala. In particolare, consiglierei Dosage Zéro come aperitivo, soprattutto se accompagnato da stuzzichini molto saporiti perché ha una struttura decisa che non si lascia mortificare da gusti forti. Proseguirei con il Brut per tutto il pasto, anche per le carni, perché ha un’armonia e un equilibrio che può adattarsi a palati diversi.
CENTINARI: Non solo la vinificazione, insomma, ma anche la fruizione dei vini è un’arte.
CESARE FERRARI: Parlando di arte, mi piace paragonare il vino a un mosaico: più tasselli si mettono, più il mosaico sarà completo e la qualità alta. Ogni piccolo particolare conta in ogni passaggio del metodo che si adotta, cose anche molto semplici, ma bisogna decidere di farle: da questo dipende la superiorità del prodotto.
La liqueur, per esempio, è l’ultimo tassello, ma è quello che può determinare la qualità futura, come il vino invecchierà. Una liqueur “giusta” aggiunge qualcosa in più al vino, è un piccolo passaggio che però arriva a distinguere un’azienda dalle altre.
Tornando a Richelieu, il Cardinale concludeva che, dopo averlo osservato, annusato, assaggiato, se un vino è importante, se ne deve parlare. E io mi auguro che di Centinari si parli molto.